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Così "6 Underground" mette a soqquadro l'Italia. Ma per una buona causa
05 Febbraio 2020
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Il film Netflix è costato 150 milioni. Firenze Siena, Roma, Frascati e Taranto le location
Il progetto più costoso di Netflix, 150 milioni di investimento, è stato girato in Italia. Tra Firenze, Siena, Roma, Frascati e Taranto, due estati fa, si sono susseguite esplosioni e pazze corse in auto per un film d'azione firmato dal re del genere: Michael Bay.
Si intitola 6 Underground e ha debuttato ieri sulla popolare piattaforma di streaming. Protagonisti Ryan Reynold, Mélanie Laurent (Bastardi senza gloria), Manuel Garcia-Rulfo (Assassinio sull'Orient Express), Adria Arjona (Triple Frontier), Corey Hawkins (BlacKkKlansman) e Ben Hardy (Bohemian Rhapsody).
Reynold si è ormai specializzato. La sua più grande qualità è far ridere nel bel mezzo di sparatorie ed esplosioni. Deadpool lo ha consacrato in questa sua abilità, poi sono arrivati Come ti ammazzo il bodyguard, accanto a Samuel Lee Jackson, e Deadpool 2 e ora questo nuovo progetto forte di una certezza: quando c'è la firma di Michael Bay si può essere sicuri che l'azione è spettacolare davvero. Bay infatti è il regista di Armageddon e Transformers e i suoi film hanno la particolarità di essere fra i più costosi ed esplosivi mai prodotti dall'industria del cinema. In passato soltanto le grandi case cinematografiche potevano permettersi le sue pellicole, ma ora le piattaforme di streaming hanno deciso di aggredire anche questa fetta di mercato. Il budget di 6 Undeground è riuscito a superare anche quello del recente fiore all'occhiello di Netflix, The Irishman, il film di Martin Scorsese con Robert De Niro e Al Pacino presentato alla festa del cinema di Roma e ora - forte di cinque candidature ai Golden Globes - disponibile sulla piattaforma americana.
I sei «underground» del titolo sono miliardari i quali, annoiati della loro vita nel lusso, decidono di fingere la propria morte per poi costituire una squadra di vigilantes in grado di combattere il crimine a suon di azioni spericolate, fondi illimitati e impunità data dalla loro condizione di fantasmi. L'attore canadese guida il gruppo, il cui motto è: «Non vogliamo essere ricordati, ma vogliamo fare in modo che le nostre azioni lo siano sicuramente».
Verranno ricordati per aver distrutto, fortunatamente soltanto nella finzione, la statua di Apollo e Dafne, il capolavoro del Bernini che - vogliamo rassicurare i lettori - è rimasto al sicuro a Galleria Borghese a Roma. Una copia è stata invece sistemata a Firenze, dove Bay ha girato uno spettacolare inseguimento in auto fra opere antiche, gallerie d'arte e corridoi rinascimentali. Corsa che naturalmente è finita a un centimetro dal David di Michelangelo. «Voglio ringraziare i fiorentini per l'ospitalità - ha detto Michael Bay proprio da Firenze nei giorni delle riprese -. Ho cercato di essere il più rispettoso possibile di questa bellissima città pur girando scene molto intense». Infatti, un inseguimento d'auto così azzardato non è mai stato ripreso nel capoluogo toscano. «Non è stato facile - ammette il regista - ma io da sempre faccio film complicati in città complicate e cerco ogni volta di rispettare i luoghi che mi ospitano».
Qualche fiorentino si è lamentato. Il set del film targato Netflix avrebbe dissacrato i luoghi dell'arte rinascimentale e posto in serio pericolo i suoi gioielli. Michael Bay però non è d'accordo: «Abbiamo portato in Italia un investimento che si aggira intorno a 90 milioni di dollari, ma non è questa l'unica buona ragione per consentirci di girare anche in una città dall'ecosistema delicato come Firenze. I film d'azione fanno bene al turismo perché regalano un aspetto sexy alle vostre già straordinarie bellezze. Credo sia stato divertente anche per i turisti godersi la città mentre noi giravamo. Abbiamo coinvolto sia i fiorentini che i turisti. Chiedevamo alle persone se potevano fermarsi cinque minuti con noi ed entrare a far parte della scena. In molti hanno aderito con entusiasmo. Sono particolari come questo che danno un sapore più autentico ai film».
A proposito di autenticità, c'è una scena spettacolare in cui un uomo scivola sulla cupola del Brunelleschi. «Nessun effetto digitale. Si tratta di un vero esperto di parkour (la disciplina sportiva che usa gli ostacoli della città come attrezzi ginnici, ndr). Era al sicuro, protetto da cavi d'acciaio, ma la scena è autentica, non abbiamo usato schermi verdi, ma un vero atleta che ha usato il dorso del Duomo come uno scivolo».
(Fonte:Ilgiornale.it)
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