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Il sud è niente. Intervista a Fabio Mollo

10 Novembre 2013

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di Valeria Bellantoni

Dal 28 novembre appuntamento al cinema per Il sud è niente, l’opera prima di Fabio Mollo, che sarà presentata in concorso in anteprima europea nell’ambito del Festival Internazionale del Film di Roma nella sezione “Alice nella città”. Qui l’intervista raccolta al suo rientro dall’anteprima mondiale al Toronto Film Festival.

il-sud-è-niente-fabio-molloE poi ogni tanto i sogni si realizzano. E tanto più è raro che ciò avvenga, tanto più l’emozione è grande, diffusa, con effetti di ricaduta inaspettati. Stiamo parlando de Il Sud è niente, un film che potremmo raccontare in due modi. Potremmo dire che è piccolo film indipendente, nato dalla visione di Fabio Mollo, un regista esordiente, interpretato da Miriam Karlkvist , una ragazza diciottenne che non aveva mai recitato in vita sua, realizzato con la collaborazione di film maker al loro debutto cinematografico, girato in un piccolo quartiere della zona sud di una città del profondo sud, il quartiere Gebbione di Reggio Calabria. E già questa chiave di lettura possiede una carica di valore profondo. Ma diremmo solo una parte di verità. Perché in realtà, Il sud è niente è un grande film italiano, selezionato al Toronto Film Festival, insieme ad atri sei titoli diretti dai mostri sacri del nostro cinema. È l’opera prima di un virtuoso regista reggino, Fabio Mollo, che ha vinto oltre cinquanta premi internazionali e che ha saputo dirigere, magistralmente, una ragazza diciottenne che, al suo esordio cinematografico mondiale, ha commosso il pubblico ed ottenuto ottime recensioni. È un’opera prima corale, perché realizzata con la collaborazione di film maker che al loro debutto internazionale hanno dimostrato il loro talento ed è stata girata nel quartiere Gebbione di Reggio Calabria, luogo simbolo di un sud dell’anima “Che non è niente. Ma tutto ciò che vuoi che sia”. In trepidante attesa dell’uscita del film nelle sale italiane, affidata alla distribuzione dell’Istituto Luce, riprendiamo, con Fabio Mollo, le fila di una conversazione iniziata un anno fa, alla vigilia del primo ciak.

Ci siamo incontrati un anno fa in occasione del primo ciak della tua opera prima Il sud è niente. Ci ritroviamo al tuo rientro dall’anteprima mondiale del film al Toronto Film Fest. In quell’occasione abbiamo parlato della lunga gestazione del film. Un progetto in cui hai sempre creduto e che ti sei determinato, instancabilmente, a portare avanti, nonostante non poche difficoltà. Oggi la tua caparbietà è stata premiata. Rientri in Italia non solo portandoti a casa un debutto internazionale di altissimo prestigio, ma anche gli apprezzamenti del pubblico e della critica che hanno accompagnato la proiezione con un lunghissimo applauso. Che cosa provi in questo momento?

Provo una grandissima voglia di mostrare il film al pubblico italiano! Abbiamo tutti lottato tanto per fare questo film, in Italia e in Calabria, quindi non vediamo l’ora di farlo vedere qui. Per noi la selezione a Toronto ha rappresentato un grandissimo risultato solo lontanamente immaginabile qualche mese fa: un festival cosi grande e così importante ma anche cosi lontano e irraggiungibile. Ora però vogliamo tornare a casa!

FabioMolloParliamo di quello che è successo a Toronto. Per la prima volta l’Italia partecipa – nella sezione ufficiale Discovery - con sette film ed approfitta dei riflettori del festival per fare luce su una produzione cinematografica coraggiosa. Tant’è che insieme a registi come Ettore Scola e Amelio, per citarne due, propone due emergenti e la tua opera prima “Il sud è niente”. Fiducia ben riposta considerato che il film è piaciuto moltissimo, sia al pubblico che alla critica. Che idea ti sei fatto in merito?

Esattamente quello che ho detto al direttore del Festival Piers Handling, che ha selezionato lui stesso il film e lo ha presentato personalmente in sala con me al pubblico. “Il sud è niente” è un film che non è solo il mio debutto, ma anche quello di molti alti membri del cast e della troupe. È un’opera prima corale ed è stata realizzata tutta da giovani professionisti. Sono molto grato al Festival di Toronto per aver scommesso su un piccolo giovane film come il nostro e aver dato l’opportunità ad una nuova generazione di giovani filmmakers italiani di mostrare il proprio lavoro all’interno di un festival così importante e ad un pubblico cosi grande.

Ed invece, scavando nelle tue emozioni più intime e personali, come hai vissuto questo momento?

È stato come vedere un sogno materializzarti di fronte ai tuoi occhi. Un sogno che ha richiesto cosi tanto tempo, dedizione, sacrificio e fatica, ma che ha visto anche la passione, la forza e la tenacia di un gruppo di ragazzi che non si sono mai arresi.

Il sud è niente, ricordiamolo, è stato girato al Gebbione, il quartiere di Reggio Calabria in cui sei cresciuto, e racconta la storia di Grazia, un’adolescente che ha il coraggio di rompere i silenzio che avvolge la sua esistenza incardinata in un Sud che è un luogo dell’anima. Quali note emotive vuoi toccare e quali sentimenti ha provocato il film nelle persone che hanno assistito alla proiezione del film?

Ho cercato di affidare allo spettatore un ruolo emotivo attivo, lasciando scegliere il più possibile cosa provare e quando provarlo. C’è un momento del film che però ha emozionato sempre tutti. Durante la proiezione a Toronto proprio in quel momento mi sono voltato alle mie spalle per vedere la reazione della sala. Non troverò mai le parole per descrivere quell’istante.

Il sud è niente non è un film sulla “condizione meridionale”. Ma racconta la condizione del meridionale inteso in senso universale. E già nel titolo c’è la provocazione e la ribellione verso questa condizione. Se non è “niente” cosa è per te il Sud?

E’ tutto quello che tu vuoi che sia.

Dopo la proiezione del tuo film, hai risposto alle domande del pubblico del TFF per oltre 45 minuti. C’è stata una riflessione che ti ha particolarmente colpito, magari un punto di vista inedito del tuo racconto, che non ti aspettavi e che ha provocato in te una nuova riflessione?

Lo scambio con il pubblico è stato meraviglioso. La gente aveva visto i film molto attentamente e le domande sono state veramente tante. Molti sono stati i commenti sul tema, sul sud e sulle nuove generazioni. Tantissimi sul ruolo della protagonista. Alcune domande invece mi hanno spiazzato: un signore mi ha chiesto come mai avessi scelto un esordio così complesso, un altro mi ha domandato come mai un ragazzo cosi giovane è riuscito a raccontare il dolore in modo cosi accurato. Non ho saputo rispondere. Una signora invece ha semplicemente detto che si era emozionata a tal punto da non riuscire a chiedere nient’altro. Mentre parlava si è commossa e in quel momento in sala ci siamo commossi un po’ tutti con lei.

Nel definire la cifra stilistica del film hai parlato di “neorealismo magico”. Quali simbologie hai utilizzato per evocare questa magia?

L’intento era quello di raccontare una storia da un punto di vista così intimo da diventare magico, ma senza rinunciare al forte connotato realistico della narrazione. I due elementi, quello realistico e quello magico, sono presenti ovunque nel film e racchiusi principalmente nel personaggio della nonna

Il TFF ha rappresentato anche l’esordio di Miriam Karlkvist, protagonista del film. Una giovanissima reggina che non aveva mai recitato e che ha saputo, sotto la tua direzione, entrare nella parte della complessa inquietudine di Grazia. Che rapporto si è instaurato tra di voi?

La ricerca di Grazia è durata circa un anno, ed è stata molto complessa. Alla fine abbiamo trovato Miriam nello stesso quartiere dove volevamo girare il film, al Gebbione, ma arrivare alla scelta definitiva ha richiesto tanto lavoro, sia da parte mia che di Miriam. Lavoro che Miriam ha condotto in modo molto professionale fino all’ultimo giorno di riprese e anche oltre. È un talento puro, grezzo e proprio per questo raro. Ha avuto è un’opportunità per quale io stesso, alla sue età, avrei dato qualsiasi cosa. Lei questa opportunità ha saputo guadagnarsela e meritarsela.

Dopo tanta attesa, è arrivato il momento di vedere il film in Italia. Ci potresti anticipare qualcosa sulle prossime partecipazioni a festival e sull’uscita nelle sale italiane?

Intanto il film sarà presentato in anteprima europea al Festival del Cinema di Roma nella sezione “Alice nella città” che si terrà dall’8 al 15 Novembre. La proiezione ufficiale è il 13 Novembre alle 16:30 nella sala Santa Cecilia nell’auditorium Parco della Musica. E poi dal 28 novembre sarà al cinema. La distribuzione nelle sale è a cura dell’Istituto Luce.

Il tuo film è nato nel cuore di un reggino ed è stato girato nel cuore di un quartiere di Reggio. È arrivato il momento che entri nel cuore dei reggini. Hai in mente di organizzare un evento di presentazione del film in riva allo Stretto prima che venga distribuito nelle sale?

Il mio sogno sarebbe quello di fare una presentazione a Reggio che sia non solo la visione del film ma uno scambio con la città e con tutti quelli che vorranno venire a vederlo. Stiamo cercando di organizzare un piccolo evento che ci consenta questo incontro.

Per concludere, ritorniamo a te. Sei arrivato a Toronto direttamente dall’America dove eri impegnato per una borsa di studio alla New York Film Accademy. Adesso sei rientrato in Italia, a Roma, dove vivi e lavori e ti vedremo sicuramente impegnato nella promozione del film. Diamo un piccolo sguardo al futuro. Riesci ad immaginarlo? A quale progetto ti dedicherai?

Una persona del pubblico a Toronto mi ha fatto la stessa domanda: ti rispondo allo stesso modo. Vorrei fare un altro film che abbia la stessa forza, la stessa ambizione e la stessa necessità di essere raccontato.

Fonte: CalabriaOnWeb.it


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