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Il cinema regionale

02 Maggio 2015

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show imgIl lavoro delle Film Commission rischia di localizzare non solo la produzione ma anche le tematiche e lo sviluppo delle storie. Sceneggiature, personaggi e ambientazioni più aperte anche per promuovere meglio il territorio. Dall'inizio del 2015, e in particolare ad aprile, una serie di film regionali che fanno fatica ad uscire dal loro ambito
 
Un mese esemplare, questo aprile, per l'andamento di un certo cinema italiano che, con lo sviluppo delle Film Commission locali e l'apporto dei finanziamenti da privati ha allargato, allontanandolo dai luoghi storici deputati, il raggio di produzione di ogni genere di film. Grandi produzioni e opere prime che vengono girate dopo un lungo cammino per la ricerca di finanziamenti e che, anche se a basso budget, riescono a portare sullo schermo film di tutto rispetto. Almeno tecnicamente.
 
Il rischio è però quello, come avvenuto in questo mese ma anche prima, di assistere a una serie di film regionali, commedie costruite su luoghi e dialetti, che non riescono ad uscire dal guscio locale ma che anzi provano, esaltandolo, ad esportare un modello e un'immagine che, oggi e forse mai è sufficiente per ottenere un buon prodotto. Mentre "Leoni" di Pietro Parolin usa il profondo nord-est per ambientare la sua commedia sulla crisi umana ed economica, lasciando un ampio respiro alle tematiche e sfruttando solo le caratteristiche locali divertenti e funzionali al film, in un film come "Ameluk" di Mimmo Mancini la tematica universale del problema dell'integrazione razziale rimane troppo racchiusa nelle mura di una cittadina pugliese, lasciando trasparire una esigenza di visibilità e riconoscimento che si ritorce contro il film stesso, rendendolo se non paesano almeno molto provinciale.
 
Serve a poco insistere sullo sdoganamento di figure legate al paese come il barista, lo scemo del villaggio, la donna facile, il maresciallo dei Carabinieri; figure sfruttatissime nel nostro cinema migliore del dopoguerra che però avevano il vantaggio di essere interpretate da attori enormi (da Totò a Peppino, da De Sica a Gina Lollobrigida senza contare tutti i grandi comprimari) che lavoravano su sceneggiature e dialoghi scritti da maestri insuperabili.
 
Il personaggio del ragazzo geniale e disadattato di "Basta Poco" di Andrea Muzzi, altra commedia in uscita ambientata in una cittadina della Toscana, finisce per essere una deviazione, utile alla prosecuzione della storia, ma che termina in una strada senza uscita. Anche qui grande utilizzo di caratteri locali visti spesso e che non danno un apporto significativo alla storia ma che ancorano il film a un dannoso localismo.
 
Cade nel tranello anche la capitale d'Italia e del cinema italiano. A Roma è ambientata la commedia di Maurizio Battista "Uno Anzi Due" uscita il 9 aprile scorso, e della romanità tipica del comico capitolino è impregnato tutto il film che non riesce a scappare neanche per un istante all'esterno del GRA (non Sacro). Nella convinzione che la comicità romanesca sia sufficiente, condivisibile ed esportabile, Battista si è fermato a raccontare storie e persone dei "quartieri" che non sono troppo diverse da quei caratteri di provincia che sembrano superati dalla globalizzazione e troppo usurati per poter rientrare nel nuovo gioco della glocalizzazione.
 
Infine questo aprile ci ha offerto "Le Frise Ignoranti" in cui la voglia di raccontare una storia universale, fatta di musica, amicizia e affetti familiari, rimane solo sullo sfondo. Antonello De Leo e Antonio Loprieno hanno a disposizione un casti di attori bravi, da Nicola Nocella a Dario Bandiera, da Francesco Pannofino al cammeo di Lino Banfi, e fanno di tutto per spezzettare gli ingredienti e appoggiarli su un piatto di tipiche frise umide. L'errore più grande del film è proprio questo: voler proporre fuori dalla Puglia, credendo di promuoverla, pane e pomodoro come se fosse un piatto esclusivo e di altissima qualità. Frise e pomodoro le abbiamo tutti in Italia, di film ambientati in "pugliesi" ne escono minimo 2 al mese, dunque è evidente che gli ingredienti per realizzare un film devono essere altri. 
 
Chi non cade nel localismo, malgrado il suo film sia quasi tutto ambientato a Terracina, in provincia di Latina, è Eleonora Danco con il suo "N-Capace" dove, con un linguaggio desueto e originale utilizza nel modo giusto i caratteri del paese trovati dopo un accurato scavo antropologico. Raccontando una storia universale la Danco ambienta il film nei suoi luoghi d'origine e d'adozione, mostrandoli quali sono e integrando una storia universale di inadeguatezza e malessere alle caratteristiche più cinematografiche di una cittadina di provincia.
 
Lo sforzo degli autori e dei registi, crediamo, debba essere proprio quello di inventare e scrivere sceneggiature forti e innovative e che offrano alle Film Commission regionali l'opportunità di promuovere il territorio e sviluppare l'economia non solamente grazie a delle cartoline illustrate e alla speranza di esportare gli spaghetti al pomodoro.

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